Di Ernesto Ghidinelli
Ormai da tempo stiamo assistendo a una contrazione del credito bancario erogato alle imprese, in particolare a quelle di micro e piccole dimensioni.
I dati dell’Osservatorio credito Confcommercio attestano che tra le imprese del terziario che richiedono credito alle banche l’area dell’irrigidimento (data dalle imprese che ottengono finanziamenti in misura inferiore a quanto richiesto o non li ottengono affatto) ha superato ormai da fine 2011 quella della stabilità (data dalle imprese che ottengono finanziamenti in misura pari o superiore alla richiesta).
Un problema rilevante, soprattutto per le micro e piccole imprese, è la grande difficoltà di reperire canali alternativi di finanziamento rispetto al credito bancario.
Quale possibile fonte di finanziamento per le imprese di dimensioni più ridotte viene talvolta evocato il ricorso al “microcredito”, uno strumento che il legislatore italiano ha iniziato a regolamentare a partire dal 2010.
Ma quale può essere la reale portata di questo strumento per le piccole imprese?
Il microcredito è universalmente conosciuto come uno strumento di credito, alternativo a quello tradizionale, utilizzato per lo più in Paesi in via di sviluppo per combattere la povertà estrema.
A causa del perdurare della crisi economica e finanziaria, però, anche nei Paesi industrializzati molte istituzioni pubbliche e private, a vari livelli, hanno concentrato la propria attenzione su questa forma di finanza.
In questo contesto, anche il legislatore italiano, facendo leva sulla tradizione di forme di credito sociale – quale quella del credito cooperativo o di enti no profit – ha definito una normativa specifica per il microcredito.
Con il Decreto Legislativo 141 del 2010 il microcredito è dunque stato formalmente inserito nell’ambito dell’ordinamento legislativo italiano. La forma legislativa utilizzata è stata quella di inserire due articoli – il 111 e il 113 per essere precisi – nel Testo unico delle leggi in materia bancaria e finanziaria. Con questa normativa, da un lato, è stato circoscritto il perimetro operativo del prodotto “microcredito”, dall’altro è stata riconosciuta una nuova categoria di intermediari, aventi come oggetto sociale esclusivo la concessione di microcrediti.
Per tali intermediari erogatori di microcredito è prevista l’iscrizione in un elenco tenuto dalla Banca d’Italia, che vigilerà sulla gestione dei soggetti iscritti, potrà disporre la cancellazione dall’elenco se l’intermediario non ha più i requisiti dell’iscrizione, potrà imporre il divieto di effettuare nuove operazioni o di diminuire l’attività.
L’articolo completo nella rivista numero 4