Si è tenuta a Milano alla fine di giugno la terza edizione del Convegno Pambianco Design, organizzato dallo studio Pambianco, dedicato all’analisi delle aziende italiane del design dell’arredamento, dal punto di vista finanziario.
L’edizione 2017 del summit aveva come focus la distribuzione e le strategie distributive delle aziende, in Italia e nel mondo.
Al convegno 2017 hanno partecipato Claudio Feltrin, presidente di Assarredo, Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana, Giacomo Moletto, amministratore delegato di Hearst Italia ed Europa Occidentale, David Pambianco, amministratore delegato di Pambianco Strategie di Impresa, Giovanni Battista Vacchi, partner di Ernest & Young. Alle relazioni introduttive ha fatto seguito una tavola rotonda, moderata da Nicola Porro, cui hanno preso parte Leopoldo Cavalli (Visionnaire), Denise Archiutti (Veneta Cucine), Mattia Peroni (Houzz Italia), Ercole Salvioni (Salvioni Arredamenti), Pasquale Natuzzi (Natuzzi), Alessandro Fantoni (Fantoni), Giuliano Mosconi (Tecno e Zanotta), Carlo Urbinati (Foscarini), Roberto Gavazzi (Gruppo Boffi), Piero Gandini (Flos), Dario Rinero (Poltrona Frau).
Il modello italiano dell’arredamento
Claudio Feltrin, presidente di Assarredo e presidente di Arper, punta sulla necessità di evoluzione del modello italiano; un modello ancora vincente ma che deve trovare nuove strade, perché, come ha sottolineato Feltrin, “il prodotto, oggi, non è più sufficiente”.
“Fino al 2003, l’Italia era il primo esportatore di arredamento del mondo; poi, naturalmente, è arrivata la Cina, che è salita al primo posto nella graduatoria dei Paesi espiratori di arredo, ma l’Italia è comunque al secondo posto mondiale, ed è il primo fornitore in Cina, con 346 milioni di dollari, e il primo fornitore europeo negli Stati Uniti, con 994 milioni di dollari.”
L’industria italiana dell’arredamento, dunque, è in un discreto stato di salute, nonostante la Grande Recessione, soprattutto grazie all’export, che ha mantenuto in vita molte aziende nel periodo più difficile, e, dal 2013, anche grazie al Bonus Mobili, che ha consentito un certo recupero anche nel mercato domestico.
La situazione dell’industria italiana del mobile è un caso a sé, che costituisce materia di studio grazie alle sue peculiarità. Una delle caratteristiche principali è il saldo commerciale import-export, che è pari a +8,2 miliardi di dollari; questo significa che l’Italia importa pochissimo (per fare un paragone, il saldo import-export della Germania è pari a 0: il loro mercato è molto più vivace, importano molto di più, sia semilavorato che prodotti finiti). È dunque di vitale importanza il recupero del mercato interno, per il rilancio dell’industria italiana, innanzitutto, ma anche perché il consumo domestico incentiva il rilancio dell’indotto, in quanto la produzione italiana è radicata e diffusa sul territorio.
“Anche se il mercato interno è importantissimo, continua Feltrin, è altrettanto importante che le imprese si impegnino in percorsi di internazionalizzazione. Io stesso, come fondatore di Arper, dopo 10 anni dall’inizio dall’attività avevo individuato la necessità di un cambiamento nella strada dello sviluppo dell’azienda; dopo 20 anni, possiamo dire che l’aver abbracciato quella nuova strada ha decisamente giovato allo sviluppo dell’attività. La finanza può aiutare a intraprendere questi percorsi, in quanto per svilupparsi spesso è necessario avere capitali; è importante un approccio corretto agli investimenti, in quanto l’arredamento ha tempi di ritorno di investimento molto lunghi, ma con un approccio corretto si possono avere ottimi risultati.
Molte aziende italiane sono riuscite nell’impresa di trasformarsi da produttori di mobili a brand di fama mondiale, e questo è ciò che ha fatto fa fortuna dell’arredamento italiano nel mondo. E oggi più che mai bisogna continuare su questa strada; ci sono ancora moltissime potenzialità per l’espansione dell’industria italiana dell’arredamento.”
Il mercato globale dell’arredamento
David Pambianco ha presentato una ricerca sul mercato dell’arredamento, in Italia e nel mondo, con uno speciale focus sulla distribuzione, analizzando i dati forniti da Centro Studi FederlegnoArredo, Federmobili, Eurostat, USA Department of Commerce, AHFA, Furniture Today, China National Bureau of Statistics, CSIL, ICE.
Secondo la ricerca di Pambianco, il mercato mondiale dell’arredamento casa+ufficio (produzione + consumo) nel 2015 valeva 360 miliardi nel 2015, in crescita del 6% sul 2014, ed è previsto in crescita del 5/7%, a 378 miliardi, nel 2016. Il primo produttore è la Cina, con 123 miliardi di dollari (in aumento dell’8%), segue l’Unione Europea con 106 miliardi di dollari (+ 5% nel 2015), poi gli Stati Uniti, con 72 miliardi (+6%); l’Asia Pacifico contava per 17 miliardi (+1%), l’East Europa 8 miliardi (in calo dell’1), il resto del mondo 36 miliardi, in aumento 4%.
Considerando le diverse fasce di mercato, premium e mass market, si vede che Italia e Germania sono ai primi due posti nella produzione di fascia premium, mentre Cina e USA dominano le fasce di largo consumo. I principali esportatori sono Cina (47 miliardi di dollari), Italia (10 miliardi di dollari), Germania (9,4 miliardi di dollari), Polonia (8 miliardi di dollari), USA (4,8 miliardi di dollari) e Vietnam (4,8 miliardi di dollari).
I principali importatori invece sono USA (34 miliardi di dollari), Germania (9,4 miliardi di dollari), Regno Unito (6,1 miliardi di dollari), Francia (6,3 miliardi di dollari), Canada (4,4 miliardi di dollari) e Giappone (4,1 miliardi di dollari); gli Stati Uniti importano 1/3 del totale mondiale, la Germania è un mercato molto importante per il consumo, in quanto è sia grande importatore, sia grande esportatore.
La distribuzione: la vera sfida del futuro dell’arredamento
La ricerca condotta dallo studio Pambianco ha preso in esame 80 player mondiali, che rappresentano il 23% del mercato mondiale dell’arredamento, per un valore di 81 miliardi di dollari (113 di fatturato miliardi di fatturato). Tra questi 80 player, il 9% appartiene alla fascia premium, il 91% alla fascia più ampia, medio-bassa. In generale, nel mondo, i consumi di arredamento premium (o lusso) valgono il 4%, circa 15 miliardi di dollari; i consumi della fascia mass market rappresentano il restante il 96%, pari a 345 miliardi di dollari.
In queste 80 aziende analizzate, il 57% delle vendite avviene attraverso monomarca di proprietà, il 40% viene venduto attraverso altri canali fisici (multimarca, contract, franchising), il restante 3% viene realizzato via e-commerce. Scendendo più nel dettaglio, la fascia premium, (9 miliardi di fatturato), ha monomarca di proprietà per il 29%, vende il 69% per altri canali, e il 2% con l’e-commerce 2%; la fascia mass market totalizza 104 miliardi di fatturato, che si vende via monomarca per il 37%, 60% altri canali, 3% e-commerce.
In Italia, sia le aziende premium che quelle per il mercato di massa hanno una quota di distribuzione diretta che è la metà rispetto al resto del mondo, e questo probabilmente è dovuto anche alle dimensioni piccole delle aziende italiane.
Lo stato dell’arte: i monomarca
La distribuzione monomarca è considerata un canale fondamentale per il futuro, ma anche un punto di criticità da tutte le aziende del settore perché, a differenza di altri beni di consumo, l’arredamento ha specificità che incidono molto sulla redditività:
– l’arredamento è un bene durevole, e non è un acquisto d’impulso
– i processi di acquisto richiedono spesso consulenza e progettazione
– sono beni voluminosi che necessitano di ampie superfici di vendita.
Tuttavia, è bene distinguere le fasce di mercato.
Nella fascia premium, il retail monomarca di proprietà è ancora marginale come fatturato (14%), anche se in crescita. Oltre alla funzione di vendita, nella fascia premium il negozio monomarca è importante in quanto:
– è uno strumento di comunicazione del brand (flagship store)
– serve da showroom per gestire progetti di contract (soprattutto internazionali)
– è un format retail “base” da replicare per l’apertura di punti vendita in Asia ad opera di distributori/partner locali e franchising.
Il punto vendita monomarca della fascia retail sconta però costi elevati di gestione, che generano una bassa redditività, dovuti principalmente alla necessità di grandi superfici di vendita, in location spesso molto costose, in centro città, e a un alto numero di venditori/consulenti per il servizio di vendita.
Nella fascia mass market, al contrario, il negozio monomarca di proprietà rappresenta un canale di vendita importante (31% del fatturato. In generale, nella fascia medio-bassa del mercato, il retail monomarca
– è più organizzato (standardizzato) nel format, nella disposizione degli spazi, nell’assistenza alla vendita e al post vendita
– è in misura minore strumento di comunicazione per il brand
– non è uno strumento di gestione del contract.
Il punto vendita monomarca di questa fascia ha una redditività maggiore, grazie ai costi più competitivi, dovuti a location di grande superficie, ma in zone decentrate ad alto traffico (centri e parchi commerciali) con costi più bassi del centro città, una maggiore efficienza logistica grazie ai grandi volumi di vendita e a una maggiore standardizzazione dei prodotti, e ai costi del personale ridotti, per una minore esigenza di consulenza nella vendita.
Multimarca, centro di progettazione
Il canale multimarca è importante per i prodotti di fascia premium, e per i prodotti di migliore qualità nella fascia mass-market. Oltre che per la vendita diretta al consumatore, i negozi multimarca hanno una funzione di showroom per i piccoli contract, puntando principalmente su capacità di consulenza e progettazione, con un’offerta molto ampia di marche, e diverse fasce di gusto e prezzo.
In generale, i punti vendita multimarca hanno una buona redditività, dovuta sia a una struttura dei costi equilibrata – location di grandi superfici ma in posizioni decentrate, gestione snella in quanto spesso famigliare -, sia ai guadagni effettuati con le consulenze e i progetti, che arrivano a pesare anche per il 20% sul ricavo totale.
Gli scenari futuri
E veniamo dunque alle proiezioni per il futuro. Il punto vendita fisico, nel settore dell’arredamento, non sembra intenzionato a cedere troppo spazio all’e-ecommerce. Sarà naturalmente necessaria un’evoluzione, e soprattutto un’integrazione sempre maggiore tra tecnologia e spazio di esposizione, affinché i clienti considerino le visite al negozi e showroom un’esperienza positiva.
Per quanto riguarda i monomarca, si può prevedere che cresceranno sia nella fascia premium, sia nella fascia più mass market, perché il contatto diretto con il consumatore sarà sempre più importante; non è però scontato che l’aumento dei punti vendita coinciderà con l’aumento del loro fatturato.
Il fenomeno showrooming infatti è sempre in agguato, e l’abitudine di visitare gli showroom e acquistare on line si diffonderà sempre di più. Occorrerà dunque una forte integrazione tra on line off line, tra esposizione fisica ed e-commerce; le tecnologie possono aiutare ad ottenere il meglio da uno showroom, consentendo ai consumatori esperienze che invoglino all’acquisto. È facilmente che sopravviveranno solo i negozi che si adegueranno agli elevatissimi standard di questi nuovi consumatori, sempre più multichannel.
Qualche esempio di come potrebbe evolvere questo negozio del futuro è ben illustrato nell'”Elle Decor Concept Store“, allestito da Elle Decor Italia presso Palazzo Bovara durante il Salone del Mobile 2017, e che verrà riproposto anche nel 2018, come ha illustrato Giacomo Moletto, amministratore delegato di Hearst Italia e Western Europe.
Per approfondire:
Convegno Pambianco Design 2017
(Immagini dell’Elle Decor Concept Store 2017, allestito presso Palazzo Bovara, a Milano, durante il Salone del Mobile).