La quinta edizione del convegno dedicato all’industria dell’arredamento di design, organizzato dallo studio di consulenza Pambianco a Milano lo scorso 26 giugno, ha cercato di tracciare un quadro della situazione del settore, con alcuni spunti per l’evoluzione futura. Tra i numerosi partecipanti, industriali, rivenditori, architetti, manager di fondi di investimento.
Alessio Candi, dello Studio Pambianco, ha presentato un’indagine sullo stato dell’arte della situazione dell’industria dell’arredamento, elaborata grazie a dati forniti da CSIL-Centro Studi Industria Leggera. L’industria dei mobili nel mondo è in crescita continua, negli ultimi 10 anni, con un tasso di crescita media del 2,3% all’anno. In totale, in 10 anni il consumo di mobili è passato da 441 a 553 miliardi di dollari, con un aumento del 25,3%; i settori merceologici con le performance migliori sono stati i mobili e l’illuminazione, il più stazionario le cucine. Nel 2018, i mobili hanno costituito il 48% delle vendite di tutto il settore dell’arredamento, l’illuminazione il 17%, il 14% gli imbottiti, l’11% i mobili per ufficio, il 10% era rappresentato dalle cucine.
La crescita maggiore, come prevedibile, negli ultimi 10 anni è avvenuta in Asia, con un aumento del 108%, gli Stati Uniti hanno avuto una crescita del 17%, mentre l’Europa ha avuto un calo del 17%; infine il resto del mondo è sostanzialmente stabile. Nel 2018, le quote di mercato erano così suddivise: 43% in Asia, 24% in Europa, 20% Nord-America, 13% resto del mondo.
L’export italiano cresce
Veniamo dunque all’export, che per l’Italia rappresenta sempre un dato di grande interesse. Tra il 2009 e il 2018, l’export italiano dell’arredamento è aumentato del 35%, e attualmente supera il 50% della produzione; il tasto dolente, è che è un export ancora molto rivolto verso l’Europa, con la Francia al primo posto, con una quota del 15% e un aumento del 26% in 10 anni, la Germania al secondo con il 10%, in crescita del 14%. La nota positiva è che gli Stati Uniti ora sono il terzo mercato per l’Italia, e che in 10 anni hanno visto un aumento del 161%, passando da 433 milioni di euro a 1 miliardo 133 milioni; al quinto posto c’è la Cina, che ha registrato una crescita del 564%; buone performance anche da Regno Unito e Svizzera, in crescita costante, e anche Emirati e Spagna. La Russia, complici una grande recessione e le sanzioni, è invece in calo, con un decremento significativo del 33%.
Quello che caratterizza il settore dell’arredamento, è l’estrema complessità del sistema distributivo, una complessità che nel tempo sta determinando anche una mutazione nella produzione. Attualmente, la distribuzione avviene attraverso quattro canali principali:
– Wholesale (che comprende negozi multimarca e franchising)
– Contract (progetti completi chiavi in mano, o forniture multiple da catalogo)
– E-commerce
– DOS (monomarca di grandi catene, monomarca fascia alta)
La distribuzione nei negozi multimarca
I negozi multimarca, in effetti, sono una caratteristica tipica del territorio italiano. Nel mondo, questi tipi di negozi, che trattano molte marche, e che rappresentano il negozio di mobili come in genere lo intendiamo in Italia, sono circa 6.000, così distribuiti: 2.000 in Italia, 3.000 in Europa, 300 negli Stati Uniti, 100 in Medio Oriente, e 600 nel resto del mondo. Si tratta dunque di una tipologia davvero poco diffusa, a parte l’Italia, e infatti per il 70% vendono lusso/alto di gamma, e solo per il 30% basso di gamma. I primi 10 brand italiani in questa categoria, individuati dall’indagine di Pambianco, sono: Interni (Monza Brianza), Bergamin (Venezia), Salvioni (Como), Bredaquaranta (Milano), Mollura (Messina), Ostilio Mobili (Brescia), Della Camera Arredamenti (Arezzo), Lazzarini (Bergamo), L’ambiente (Treviso) e Lops (Milano). Un dato interessante dei brand appena citati – che non sono semplici negozi ma marchi che hanno più punti vendita – è che la maggior parte ha una quota interessante di export; la media è del 47%, ma può arrivare fino all’80%. I fatturati di queste aziende commerciali vanno da 11 a 36 milioni di euro, per un totale di oltre 200 milioni, e l’altro dato di interesse è che, se facciamo 100 la base del listino italiano, in Medio Oriente il listino diventa 150-200, e in Cina anche oltre 250.
Il contract: un canale in crescita, che diventa sempre più determinante per i produttori
Il canale contract è un canale abbastanza complesso da mappare, ma ci sono comunque dati di riferimento, relativi all’Unione Europea (UE 15 + Norvegia e Svizzera). Si tratta di un canale piuttosto stabile, con un fatturato tra i 7 e gli 8 miliardi di euro, in leggero calo tra il 2012 e il 2013, e per il resto sempre in crescita. Il 25% del mercato contract è formato dai progetti nel settore retail, il 21% dal settore alberghiero, il 16% dall’ufficio, il 9% dal residenziale, l’8% dalla ristorazione, con un 21% di altri settori.
Dagli interventi di alcune aziende che hanno partecipato al convegno, si evince come il contract sia sempre più determinante per le aziende italiane del settore design. Angelo Meroni, Presidente di Lema, spiega che ha cominciato a investire seriamente sul contract nel 2004, con un team dedicato, e oggi la divisione contract di Lema fattura tra i 25 e i 30 milioni di euro, anche se, spiega Meroni, “i fatturati contract hanno grosse oscillazioni, perché si tratta di progetti complessi, che magari slittano di un anno o anche due. Quindi è necessario essere strutturati per sostenere questi carichi di lavoro fluttuanti; sia dal punto di vista finanziario, sia dal lato della produzione, occorre molta flessibilità.” L’indotto della Brianza aiuta molto, c’è una rete di fornitori e sub-fornitori di eccellenza in grado di lavorare e sostenere queste condizioni. “Il contract è un terreno di sperimentazione molto interessante, conclude Meroni, in quanto ha bisogno di una certa quantità di prodotti, cosa che non avviene con il settore residenziale. Una volta messi a punto nuovi prodotti e nuovi materiali, si possono produrre anche per la casa.”
Sull’importanza del contract concordano anche Caterina Pepori (Marketing e Communication IOC), Antonia Pianca (Marketing & Comunicazione Pianca), e Maria Porro (marketing & Comunicazione Porro).
Brigitte Silvera, titolare degli omonimi negozi francesi, ha confermato che il negozio funziona ancora molto bene, per l’alto di gamma, ma ha aggiunto che anche i negozi ben strutturati come Silvera, realizzano una parte importante del fatturato con il contract, soprattutto alberghiero.
E-commerce: un gigante che cresce poco (e solo nella fascia bassa)
L’e-commerce si sta facendo strada, anche se in Italia non va oltre l’1/2% del mercato; questo corrisponde anche al dato che assegna all’Italia il numero più grande di negozi multimarca e in franchising, 2.000 sui 6.000 totali nel mondo.
Se vediamo negli Stati Uniti il mercato di riferimento per l’e-commerce, dove realizza una quota del 13% sul totale del mercato dell’arredamento, vediamo anche che è prevalentemente destinato ai prodotti di massa. Il portale con il fatturato più importante, infatti, è Wayfair.com, che totalizza 6,8 miliardi di dollari; seguono Amazon, con 6 miliardi di fatturato e Westwing (ex-Dalani, in Italia), con 250 milioni. Poi ci sono i brand che hanno sia negozi fisici sia vendita on line; in testa c’è Williams Sonoma, che fattura 3,1 miliardi e ha una quota di e-commerce del 57%; segue Ikea, che fattura 1,9 miliardi con il 5% di e-commerce, e Maisons du Monde, con il 23% di e-commerce, con cui fattura 250 milioni. Tutte queste catene di negozi e portali sono specializzati in prodotti di grande diffusione e basso di gamma; l’unico con prodotti premium è Restoration Hardware, portale on line e negozio fisico, che registra performance interessanti negli Stati Uniti, con una quota di e-commerce del 12%, con cui fattura circa 300 milioni di dollari. Pochi dati, che però rendono l’idea che per le aziende italiane, che per il 70% sono della fascia premium se non luxury, forse l’e-commerce non sia ancora prioritario.
I DOS – monomarca a gestione diretta
Tra i monomarca a gestione diretta, la vetta è sempre saldamente in mano a Ikea, che con i suoi 39 miliardi di dollari di fatturato, dietro di sé ha il vuoto. Dopo Ikea, infatti, arrivano Nitori, catena giapponese low cost con 5 miliardi di dollari di fatturato, poi Steinhoff (divisone Conforama) con 3 miliardi 600 milioni, Ashley Furniture, Williams Sonoma e Restoration Hardware, catene statunitensi tra i 3.125 e i 1.425 milioni di dollari, e in fondo alla classifica l’italiana Mondo Convenienza, che ha 41 punti vendita con 958 milioni di dollari di fatturato, circa 23 milioni per negozio, una media molto alta che posiziona la catena al secondo posto per fatturato medio del punto vendita. In totale, nel 2018 tutto il canale DOS ha realizzato un fatturato di circa 60 miliardi di dollari.
Per fare un termine di paragone, i DOS delle prime 10 aziende italiane (Kartell, Lifestyle Design-ex-Gruppo Poltrona Frau-, Poliform, Minotti, Flexform, Design Holding-B&B Italia, Flos, Arc Linea, Louis Poulsen-, Boffi, Gruppo Molteni, Luxury Living Group e Gessi), nel 2018 hanno fatturato 2 miliardi 200 milioni di euro (circa 2.500 milioni di dollari), una media di 700 milioni per negozio.
Le aziende top
Infine, un excursus veloce tra i 100 top player del mondo, da cui si vede che su 100 aziende top mondiali, 14 sono nella fascia lusso, 31 nella fascia premium, 55 nella fascia mass-market; l’83% del fatturato mondiale è nella fascia più bassa del mercato, mentre luxury e premium sommati totalizzano il 17%, quindi, su un fatturato di 87,4 miliardi di dollari, 72,4 vanno alla fascia bassa, 11 alla fascia premium e 3,5 alla fascia luxury.
Quanto ai canali di vendita, di questi 100 top player mondiali, è interessante vedere che wholesale e DOS hanno la stessa percentuale del 42%, però, mentre il lusso realizza l’85% delle vendite attraverso i multimarca, il premium il 60% e la fascia bassa il 37%, le percentuali si invertono drasticamente nell’e-commerce, (13% mass market, 8% premium e 1% luxury), e sensibilmente anche nei DOS (luxury 6%, premium 20%, low cost 47%). Il contract ha la percentuale più alta nella fascia premium, 12%, l’8% nel luxury, e il 3% nel mass market.
Alla fine di tutti questi dati, cosa rimane? Un dato importante e interessante, è che il mercato dell’arredamento è in espansione, e che per l’industria italiana è una buona notizia. L’export verso la Cina cresce con tassi a due cifre, quindi per il settore premium e luxury il futuro è roseo. Le perplessità vertono casomai su quali siano i canali più affidabili per affrontare vendite ed export. Qui, risposte certe non ne ha nessuno. L’unico dato chiaramente visibile, è che la distribuzione è in grande trasformazione, e che bisogna essere sempre più flessibili per adattare le strategie ai mutamenti del mercato, sempre più veloci.
A questo link, è possibile vedere i video e scaricare gli atti del quinto Summit Pambianco Design, 2019