Il convegno “L’industria del design tra digitale e internazionalizzazione”, organizzato da Pambianco, che si è tenuto a Milano alla fine di giugno, è stata un’occasione per indagare lo stato della digitalizzazione delle aziende italiane dell’arredamento, sia le imprese di produzione sia le imprese commerciali. Anche se l’e-commerce diretto è sostanzialmente assente, emerge un quadro in grande fermento, che si sta adattando a una situazione in continuo mutamento.
La ricerca di Pambianco: un po’ di dati
Nella sua ricerca, Pambianco ha intervistato 28 aziende di produzione, con un fatturato medio di ricerca 104 milioni, cresciute del 10% in 3 anni, quindi di dimensioni medio-grandi e in buona salute. Le vendite avvengono per il 56% attraverso rivenditori, per il 30% attraverso il canale contract, per il 14% con monomarca di proprietà, e per lo 0,4% attraverso e-commerce; su 28 aziende, solo 2 hanno un’e-commerce gestito direttamente.
Digitalizzare: come e quanto
Ormai, è palese che l’on line si sia diffuso in tutti i momenti della vita quotidiana: nel 2017, gli utenti hanno passato in media 135 minuti sui social media, e il 58% delle vendite è influenzato da un contatto on line. Questo anche perché ormai i Millennials hanno raggiunto un’età in cui hanno un potere d’acquisto interessante, e diventano dunque i consumatori di riferimento. Le aziende, dunque, hanno effettuato interventi in tutte le aree che riguardano la digitalizzazione. Più nello specifico, il 78% delle aziende ha adottato tecniche di automazione industriale per migliorare la produttività e la qualità della produzione, e di questo 78%, il 95% si è concentrato sullo “smart manufacturing” (digitalizzazione della produzione), il 62% sugli “smart services” (digitalizzazione della distribuzione, collegando stabilimenti e fornitori) e il 33% sui processi di “smart energy” (riciclo e riutilizzo di acqua ed energia); il 52% collega il processo produttivo al CRM (Customer relationship management).
La comunicazione digitale
Tra queste aziende, l’investimento medio in comunicazione vale il 3% del fatturato. Interessante è vedere le variazioni nei canali prescelti, dal 2012 al 2017:
– Gli investimenti in pubblicità su stampa cartacea sono passati dal 37% al 26%
– Le campagne social da 0 all’11%
– Pubblicità on line e SEO, dal 3% all’11%, per un totale dell’investimento in comunicazione on line del 22%
– Le fiere sono passate dal 42% al 33%
– Gli eventi dal 12% al 15%.
L’85% delle aziende ha inserito una figura dedicata alla comunicazione on line, di varia natura; gli strumenti più utilizzati per la comunicazione sono il sito web e i cataloghi on line, per la totalità delle aziende, Facebook e Instagram per la totalità delle aziende, pubblicità on line con campagne SEO per il 74%, campagne con Influencer per il 37%. Tra i vantaggi della comunicazione on line, soprattutto la possibilità di lavorare su scala globale, e il contatto diretto con i propri consumatori, che permette di conoscere i gusti dei propri consumatori.
L’e-commerce di arredamento, nel mondo e in Italia
L’e-commerce di arredamento ha percentuali molto variabili, a seconda delle aree del mondo: in Cina, vale 58 miliardi di dollari, pari al 20% del mercato, negli Stati Uniti vale 33 miliardi di dollari, pari al 12% del mercato, e in Europa vale 26 miliardi di dollari, pari al 6/7% del mercato. Più nel dettaglio, in Europa la quota è del 17% nel Regno Unito, del 4% in Francia e in Spagna, e tra l’1-2% in Italia; in Italia, sul totale dell’export che avviene attraverso l’e-commerce, l’arredamento occupa una quota del 2%, pari a 70 milioni di euro.
Tra i portali di vendita on line uno dei più interessanti, per volume di affari e modello di business, è senz’altro Wayfair.com, sito americano che realizza un fatturato annuo di 4,7% miliardi di dollari, di cui tra i 600 e i 700 milioni di euro provengono da Germania e Gran Bretagna.
Tra le 28 aziende italiane coinvolte nella ricerca, solo il 7% ha un sito e-commerce, ma anche allargando la platea a 70 aziende, comunque solo il 7% ha un sito di e-commerce gestito direttamente. Alla domanda sul perché non abbiano un e-commerce diretto, le aziende hanno risposto per il 70% che c’è un problema di concorrenza con i propri rivenditori, per il 54% che vedono ancora una limitata abitudine all’acquisto on line da parte dei consumatori, per il 23% vedono diversi problemi nella gestione della logistica, e per il 13% ritengono il progetto di un e-commerce complesso da mettere a punto. Anche se il 75% vede nella gestione diretta dell’e-commerce il vantaggio di avere un contatto diretto con i propri clienti, il 37% pensa che potrebbe ampliare il proprio bacino d’utenza, e il 13% pensa che ci potrebbe essere una marginalità più alta.
L’e-commerce visto dai produttori
Claudio Feltrin, Presidente di Assarredo, ha sottolineato sia le potenzialità dell’e-commerce, sia le possibili criticità. “Digitalizzazione ed e-commerce, ha spiegato Feltrin, sono strumenti che possono rivelarsi estremamente utili per espandere il proprio mercato fuori dall’Europa, che ormai è considerata un’area del mercato domestico. Soprattutto in Cina, che per le aziende italiane sta diventando di estremo interesse, avendo visto una crescita del 175% in 5 anni dell’import di arredamento italiano, e che ormai come fatturato vale la metà degli Stati Uniti. Di contro, la gestione diretta dell’e-commerce non è così semplice. Due aspetti possono essere particolarmente problematici: la logistica, che richiede un notevole efficientamento, e i resi, che abbiamo visto che nelle aziende della moda, più avanzate, possono arrivare a incidere per il 40% del fatturato on line. Inoltre, anche la sola gestione di una strategia on line davvero efficiente può costare anche qualche centinaia di migliaia di euro all’anno, cifre che non sono alla portata di tutte le aziende italiane, che sono note per le loro piccole dimensioni. Per ovviare a questa situazione, le aggregazioni di imprese sono molto positive, così come può essere un’idea appoggiarsi a piattaforme di e-commerce specializzate. Inoltre, per un prodotto complesso come l’arredamento, che spesso richiede un progetto, è importante collaborare con i rivenditori. Penso dunque che sia necessario trovare collaborazioni ben strutturate tra produttori, rivenditori, logistica ed e-commerce.”
L’e-commerce visto dai rivenditori
Vediamo dunque il punto di vista dei rivenditori, e cominciamo con Giancarlo Mollura, amministratore delegato di Mohd.it, un negozio tradizionale di Messina, con 50 anni di storia, che ha sviluppato la vendita on line con un buon successo. Mollura è un imprenditore che ha fatto di necessità virtù, come si dice. All’inizio della Grande Recessione, anche se la sua attività non era stata toccata direttamente dalla crisi, Mollura ha intuito il grande cambiamento che stava cominciando a prendere piede, e ha capito che era necessario intraprendere altre strade. Fin da subito ha fatto le mosse giuste, e oggi è uno dei più importanti siti di vendita italiani di arredamento on line; il negozio fisico è comunque molto importante, e a quello è stato affiancato anche un appartamento, per ospitare i clienti che arrivano da lontano. Anche solo pochi numeri, però, danno l’idea della dimensione dell’investimento: su 70 collaboratori di Mohd-Mollura, 40 si occupano della parte digitale, 30 seguono amministrazione e progetti.
Un punto di vista diverso è quello di Stefano Cazzaniga, export manager di Interni Arredamenti, una realtà piuttosto importante di Milano. Molti dei suoi clienti vengono dall’estero, ha spiegato Cazzaniga; ciononostante, la vendita on line non viene ancora effettuata, e si preferisce ancora il contatto diretto. Non che non si creda all’e-commerce, ma qui emerge la complessità della vendita di un servizio articolato, quale in definitiva è la vendita di arredamento. Un punto di vista tutto sommato piuttosto condiviso tra i rivenditori in generale, che in maggioranza vendono attraverso e-commerce oggetti di piccole-medie dimensioni, ma devono ricorrere alla presenza del negozio/showroom per gli arredi complessi.
Riassumendo: il cliente è il canale
Così sintetizza Giulia Molteni, responsabile marketing e comunicazione di Molteni & C. e Dada. “Ormai, ha spiegato”, c’è un unico canale, il cliente. Il cliente va nei negozi, visita i siti, e poi quando decide di acquistare, compra on line o in un negozio, a seconda di quello che viene più comodo al momento dell’acquisto. Certo, la complessità aumenta moltissimo, perché bisogna essere pronti ad assecondare le sue esigenze nel momento in cui si manifestano.”
E in definitiva, questo è quello che succede. Ci sono diversi negozi on line che funzionano, anche molto bene, anche in Italia, Arredaclick.com, per esempio, è uno di questi (leggi qui l’intervista), ed è inevitabile che il futuro sarà sempre più integrato.
Conclude Mauro Mamoli, presidente di Federmobili: “Il negozio di arredamento “fisico” resiste alle vendite on-line. La vera sfida è quella di capire il prima possibile quale sarà il futuro prossimo – molto prossimo – di questi punti vendita. Il contatto fisico, la consulenza professionale, l’attitudine progettuale, il personale qualificato, i sopralluoghi di verifica misure, il trasporto, il montaggio e l’esperienza della visita in negozio sono tutti elementi che non si possono trasferire “tout court” on-line. Il prodotto può essere acquistato tramite il canale internet ma è il servizio l’elemento che caratterizza la vitalità del punto vendita reale. Servizio che dev’essere valorizzate e diventare una fonte di reddito per il punto vendita. Un domani – neanche troppo lontano – gli showroom potrebbero diventare luoghi in cui i prodotti si vedono, si toccano, si provano; spazi dove si fruisce, a pagamento, della consulenza, della progettazione e dei servizi offerti, per poi finalizzare l’acquisto on-line, dentro il negozio, oppure a casa. Bisognerà riscrivere gli accordi commerciali con i fornitori e ridisegnare le formule distributive, ma io vedo un futuro in cui vendita on line e off line convivono bene.”