L’Osservatorio sui consumi di beni durevoli di Findomestic è giunto quest’anno alla ventesima edizione; dai dati analizzati, emerge una realtà di consumatori consapevoli. Consapevoli che l’economia italiana fatica a riprendere, ostacolata dal peso eccessivo di tasse e debito pubblico, frenata da politiche economiche errate. Ma anche consapevoli che la crisi ha cambiato definitivamente un modello di consumo, e disponibili (in buona parte) ad adattarsi alla situazione mutata con una nuova coscienza ambientale.
L’83% degli intervistati ha cambiato il proprio stile di vita riducendo le spese per viaggi, vacanze, ristoranti, pizzerie, abbigliamento calzature, generi alimentari, divertimento, svaghi e tempo libero.
Tra i consumatori, si vanno delineando due filoni di pensiero: i miglioristi e gli eco-pauperisti. Secondo i primi, la stagnazione attuale è il frutto di un’errata applicazione dell’attuale sistema economico capitalistico, bloccato dai meccanismi della “finanza” impazzita e fuori controllo che ha minato la domanda aggregata, principale motore della crescita. Secondo i miglioristi il riequilibrio delle distorsioni potrebbe consentire una nuova “partenza” del ciclo positivo. Per gli eco pauperisti invece il sistema presenta un vizio all’origine non contemplando meccanismi di protezione e rigenerazione delle risorse: ecco quindi che occorre un radicale ripensamento.
All’interno di questo rimescolamento si sta affermando una categoria di pensiero costituita dai cosiddetti “visionari attivi”, che vedono il futuro strettamente legato alle azioni che si intraprendono da subito: bisogna ridurre il consumo compulsivo, rinunciare al superfluo, e prestare più attenzione all’ecosostenibilità. Un tassello importante di questa visione è il principio che per risolvere i problemi occorra agire in prima persona.
Per una produzione sostenibile ogni Paese dovrebbe specializzarsi basandosi sulle risorse disponibili rimodulando il concetto di autosufficienza e scambio. In Italia, secondo gli intervistati, si dovrebbe puntare sulle eccellenze del Made in Italy che sono ambiente, paesaggio, storia cultura, arte, enogastronomia, lifestyle, ingegno, inteso come meccanica di precisione e manifattura ad alto valore aggiunto. Ma per un futuro sostenibile, saranno fondamentali equità, maggiore istruzione e innovazione.
Il quadro macroeconomico
Il 2013 è caratterizzato da una ripresa mondiale debole.
I Paesi emergenti mostrano una crescita tutto sommato lenta, nell’anno in corso, con situazioni e prospettive diversificate tra i Paesi interessati: maggiori difficoltà per quelli con squilibri macroeconomici ed esportatori netti di materie prime (il caso Russia) e segnali di ripresa per altri, quali la Cina.
L’Uem mostra timidi segnali di ripresa anche nei Paesi periferici: il clima di fiducia di famiglie e delle imprese è in leggero miglioramento; il Pil è tornato a crescere nel secondo trimestre del 2013 grazie alla domanda interna (in particolare gli investimenti), ma soprattutto alle esportazioni. Nel complesso, però, il 2013 registra comunque una flessione del Pil (-0,5%) per la sostanziale debolezza del contesto macroeconomico: il processo di aggiustamento del disavanzo interno dei vari Paesi è ancora in atto; il mercato del lavoro, pur mostrando segnali di minore caduta, è ancora in sofferenza e la politica di bilancio ancora restrittiva con evidente riflesso sulla formazione del reddito disponibile delle famiglie e sui consumi interni.
La crescita nell’Uem è posticipata a partire dal prossimo anno, quando il Pil è atteso crescere dello 0,9%. Ma non mancano i rischi legati sia alla fragilità della domanda estera, che dovrebbe fare da traino alla ripresa, sia al processo di correzione degli squilibri, interni ed esteri, che vincoleranno i livelli di crescita dei Paesi europei. Per quanto riguarda l’Italia, il terzo trimestre del 2013 evidenzia un’ulteriore caduta del Pil in uno scenario di crescita delle esportazioni non sufficiente a compensare la flessione della domanda interna; si ritiene comunque che i segnali positivi di ripresa relativi agli ordini dall’estero e alla domanda interna siano tali da ipotizzare una crescita dal quarto trimestre dell’anno in corso, per poi registrare nel 2014 un aumento dello 0,8%. Il maggior contributo alla crescita del Pil in Italia nel 2014 sarà attribuibile alla spesa per investimenti fissi in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, peraltro già prevista in miglioramento nell’ultimo trimestre del 2013, mentre gli investimenti in costruzioni registreranno ancora un trend negativo per tutto il 2014.
Al netto degli eventuali effetti derivanti dalla legge di stabilità in termini di maggiore spesa per investimenti e riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro, si stima che la crescita dell’economia italiana supererà l’1% solo dopo il 2014, guidata principalmente dalla domanda internazionale. La domanda interna riprenderà la sua crescita ma sarà vincolata da una serie di fattori che si sono consolidati nel periodo di crisi: livello di disoccupazione più alto, erosione del risparmio delle famiglie e conseguente necessità di ricostituirlo, eccesso di produzione invenduta per le imprese. In uno scenario di previsione di lenta uscita dell’economia mondiale dalla crisi, il contributo dell’Uem rimarrà più contenuto degli altri Paesi, e anche al suo interno i singoli Paesi viaggeranno su binari di crescita diversi: nel 2014 la Germania vedrà crescere il Pil dell’+1,4%, mentre alcune aree saranno ancora in recessione (Grecia, Cipro e Slovenia).
I consumi delle famiglie italiane
Per quanto riguarda la spesa delle famiglie, il primo semestre del 2013 ha fatto registrare una flessione dei consumi interni del -3,3%, rispetto allo stesso periodo del 2012, nonostante il secondo trimestre del 2013 abbia evidenziato una caduta dei consumi in misura lievemente inferiore a quella registrata nel primo trimestre. La fragilità del mercato del lavoro, la compressione dei redditi familiari, la riduzione del potere di acquisto, il clima di incertezza, oltre all’esigenza di ricostituire il risparmio eroso nel corso degli anni di crisi, sono tutti elementi che concorrono a pesare sulle scelte di spesa dei consumatori. Nel complesso il 2013 dovrebbe chiudere con un calo dei consumi interni del 2,3%, di entità minore rispetto al periodo precedente (-4,0% sul 2012) favorito dalla minore caduta dei beni durevoli; a valore, i consumi interni totali dovrebbero registrare una variazione meno importante (-0,9%) per effetto della crescita dei prezzi (1,5% nel 2013); il livello pro capite si dovrebbe attestare sui 15.730 euro nel 2013, contro i 16.000 circa del 2011.